mercoledì, aprile 11, 2007

Mai Più Bambini In Carcere

“Mai più bambini in carcere”, così diceva Pierferdinando Casini 2 anni fa dentro il carcere di Rebibbia. Inoltre l’ex presidente della camera ha aggiunto che questo appello non sarebbe passato sotto silenzio ed il Parlamento si sarebbe occupato di questo grave problema.

La realtà di oggi è rimasta invariata, i problemi sono gli stessi di 20 anni fa. Ora vi racconterò una storia italiana:

i bambini fino a tre anni vivono in carcere con le madri/detenute espiando peccati che non sono i loro...
Ma il disagio maggiore arriva al terzo anno di età, quando il bambino viene strappato alla figura materna per essere affidato: se è fortunato ai parenti, altrimenti nei casi peggiori , come la maggior parte di loro, ai cosiddetti orfanotrofi. A questo punto il maggior numero dei bambini trascorre i propri anni dell’infanzia in istituti dove trovano del cibo per sfamarsi ed un letto per riposarsi e magari anche un’istruzione di base, ma come cresceranno tutti questi bambini? Senza una famiglia che li aiuti e gli una sicurezza, dove troveranno i loro punti di riferimento?

Comunque la storia non è ancora finita. Dopo che la madre riesce ad espiare le proprie colpe ed uscire definitivamente dal carcere lo stato le permette di riavere il proprio bambino solo, ma solo a patto che riesca a trovare un lavoro per sostenere lei ed il bambino ed una casa. Ora, tutti sappiamo la difficoltà di una persona, con la fedina penale “sporca”, nel trovare un lavoro che le permetta di vivere, quindi questa donna per poter tirare avanti in un mondo che non la vuole, si ritroverà a condurre lo stesso stile di vita che aveva prima di essere arrestata, con la conseguenza e con il rischio di tornare nuovamente in carcere.

Diventa così un circolo vizioso nel quale a perdere saranno sia la mamma, sia il figlio che molto probabilmente rimarrà fino al suo diciottesimo anno di età in questi istituti per poi venir “buttato fuori” senza poter riscattarsi da un errore commesso anni prima dalla madre, o forse dalla società, e di conseguenza, per forza di fatti, condurre la stessa vita dei suoi genitori.
Tralasciando la questione del perché lo stato non fa nulla di fronte a questo problema, la domanda che chiunque si porrebbe è: come si può uscire da questa vita?

Ora le risposte potrebbero essere varie, io proverò ad illustrarvene una: immaginiamo la stessa mamma che si ritrova a condurre delle attività illecite per poter dar da mangiare al proprio figlio; viene arrestata, ma invece di finire in carcere, insieme a persone che hanno commesso gravi reati, viene inserita in una “casa famiglia” nella quale il figlio può stare con lei fino al completamento della detenzione della madre, senza quindi ritrovarsi in un orfanotrofio ed al contempo avere un’istruzione adeguata, magari all’esterno della struttura carceraria, in scuole come tutti i bambini “normali”, per essere riabilitato e poter riscattare quegli errori non suoi.

Nello stesso tempo la madre, che in realtà i reati li ha commessi solo per “fame”, avrebbe la possibilità di apprendere un mestiere utile che dia la aiuti a riscattarsi degnamente una volta uscita dalla casa famiglia.

Inoltre potrebbe essere una buona idea, dare la possibilità a queste mamme che hanno commesso reati minori, di avere la fedina penale pulita, così che, una volta pagato il loro debito con la società, madre e figlio non devono più preoccuparsi dei pregiudizi della gente sulle persone che sono state in carcere, in modo tale da avere la possibilità di trovare un lavoro, di rifarsi una vita e di entrare nella società a testa alta, ma con la consapevolezza degli errori fatti.

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